Un cittadino installa, nei pressi della propria abitazione, una telecamera a circuito chiuso per la videosorveglianza e tale apparecchio riprende non solo l’area antistante l’ingresso stesso ma anche le aree limitrofe tra le quali la via pubblica.
Tale sistema di videosorveglianza è legale alla luce delle norme in materia di tutela della riservatezza e della privacy?
La risposta è affermativa a patto che vengano soddisfatti determinati requisiti che andiamo a elencare.
I privati, anzitutto, non possono installare telecamere di videosorveglianza rivolte verso aree transitabili al pubblico, senza prima accordarsi con l’ente locale il quale, effettuate le verifiche del caso, può ordinare la rimozione immediata dell’impianto segnalando l’abuso direttamente al Garante Privacy.
Da ciò consegue che, anche laddove siano i privati a installare telecamere rivolte verso aree pubbliche, i trattamenti di dati personali non sono regolati dal GDPR (General Data Protection Regulation, approvato con Regolamento UE 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e applicabile a decorrere dal 25 maggio 2018), bensì dalla Direttiva 2016/680 (Direttiva sui trattamenti di pubblica sicurezza) attuata con D. Lgs 51/2018: in tal senso si è espresso il TAR del Lazio, sez. II-bis, con la sentenza n. 3316 del 17 marzo 2020.
Concretamente è possibile installare delle videocamere nella propria abitazione senza che ciò costituisca in sé un’attività illecita o una violazione di diritti alla privacy dei vicini di casa o dei passanti, ma, per essere a norma, è fondamentale considerare, oltre la segnalazione del sistema di videosorveglianza tramite appositi cartelli, il raggio d’azione del sistema stesso. Non è consentito, infatti, che le telecamere riprendano tutto indistintamente: devono essere, invece, puntate nell’area dove potrebbe verificarsi la violazione della sicurezza.
(Sentenza nr. 20527/19 riguardante un caso di videosorveglianza privata su una strada pubblica).
Il sistema quindi, per poter essere installato presso una via “aperta” al pubblico (ancorché privata), richiede un’espressa autorizzazione dell’Amministrazione Comunale, in mancanza della quale può essere immediatamente sospeso il trattamento dei dati e ordinata la rimozione.
Ma non è tutto: l’eventuale autorizzazione a puntare la telecamera verso la strada pubblica non autorizza il proprietario a visionare da solo i filmati. Gli stessi, infatti, possono essere controllati solo dalle forze di polizia, previo accordo con il Comune, in virtù delle espresse indicazioni contenute nel pacchetto sicurezza del 2017 (Decreto Legge, testo coordinato 20/02/2017 n° 14, G.U. 20/02/2017, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”).
L’installazione di impianti di videosorveglianza da parte di privati è, quindi, ammessa solo nelle aree di stretta pertinenza dell’interessato e, se un privato vuole riprendere zone soggette a pubblico passaggio, deve stringere un accordo con il Comune che diventa titolare del trattamento dei dati e avrà accesso esclusivo a quelle telecamere.
La telecamera privata in definitiva è ammessa solo quando sia rivolta a tutelare la sicurezza e la proprietà. Qualche esempio: nell’obiettivo della videosorveglianza può finire soltanto la porta di casa propria ma non tutto il pianerottolo, non deve vedersi tutta la strada (se la telecamera è collocata all’esterno), come non deve nemmeno inquadrare tutto il garage ma soltanto il posto auto, se trattasi di autorimessa comune.
Chi installa una telecamera, che punta su un luogo pubblico, deve affiggere il cartello con un avviso, segnalando a tutti i passanti che quel luogo è soggetto a videosorveglianza in modo che, chi si avvicini all’area in questione, debba essere già al corrente di entrare nel raggio di azione di una telecamera. Tale cartello, pertanto, deve essere posto quindi a ridosso del luogo interessato, in modo da risultare chiaramente visibile. Inoltre, se la telecamera è attiva anche di notte, il segnale deve essere illuminato.
Va sottolineato come la telecamera debba rivolgersi solo allo spazio strettamente necessario alla tutela della proprietà e cioè indirizzarsi solo dove sia strettamente funzionale alle esigenze di sicurezza: quindi, l’angolo di ripresa va limitato il più possibile, e si possono conservare le immagini per un massimo di 24 ore.
L’installazione dell’impianto, comunque, non va comunicato al Garante della Privacy.
Questo indirizzo giurisprudenziale è state sposato anche dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea: in base a una sentenza del 2013 (C-212/13 dell’11.12.2013), infatti, il trattamento di dati personali altrui, senza consenso dell’interessato deve ritenersi possibile quando risulta strettamente necessario a realizzare l’interesse del responsabile, per esempio la difesa della proprietà privata, il che rende lecito ciò che in astratto è illegittimo.